Siracusa

Siracusa quando sedeva sul trono Dionisio I, era una tra le più grandi e potenti città del Mediterraneo, ornata di templi e palazzi, giardini e fontane, ricca di denaro, cultura e potere. Una città ideale secondo Platone, che la visitò più volte, riponendo in essa le proprie speranze di rinnovamento politico e sociale. Una città magnifica secondo Simonide, Pindaro, Bacchilide, Eschilo, che ne cantarono la bellezza. Una città di enorme potenza militare, capace di dare scacco alle temibili Cartagine ed Atene. Siracusa fu fondata nel 734 a.C. da coloni di Corinto che si ispirarono, per il nome, a quello indigeno di una vicina palude, chiamata Syraka. Nel V secolo l’influenza di Siracusa si faceva sentire in tutto il Mediterraneo e a questa città sono legati eventi decisivi per la storia di quegli anni: la sconfitta dei cartaginesi presso Imera nel 480 a. C.; la sconfitta degli etruschi a Cuma nel 474, che ne impedì l’espansione a sud; la vittoria sugli ateniesi nel 413, in una battaglia navale fra le più grandiose dell’antichità. Solo con grandi sacrifici e con l’inganno i romani, nel 212 a.C., riuscirono ad espugnare la città, difesa dalle mirabili opere di Archimede. Nonostante la decadenza, Siracusa rimase la città più nota ed importante della Sicilia, tanto che lo stesso imperatore d’Oriente Costante II per un periodo ne fece la capitale del suo impero. Con la conquista da parte degli arabi, nel 878, le fu tolta la supremazia fra le città siciliane e iniziò il suo lento declino trasformandosi nella tranquilla cittadina che è oggi, silenziosa ed orgogliosa erede di un magnifico passato.

Teatro Greco

 

La grandiosa cavea del Teatro Greco di Siracusa è il massimo monumento dell’architettura teatrale antica che sia giunto fino a noi. Gli appassionati di teatro rimarranno stupiti di fronte a tanta maestosità, non dimenticando che Siracusa fu, circa 2500 anni fa, uno dei più grandi centri della vita teatrale, dove nacque la commedia, così come ad Atene la tragedia.
Del teatro di Siracusa si hanno notizie che risalgono alla prima metà del V secolo a.C., perché qui Epicarmo, autore greco, visse e lavorò sotto il regno di Gelone. Quattro anni dopo, nel 476, su questo palcoscenico, Eschilo rappresentò i suoi Persiani e Le Etnee. Il Teatro Greco non fu soltanto una sede dove rappresentare testi comici o drammatici, servì, ampio com’era, anche per le assemblee popolari e per i processi. Abbandonato per un secolo dopo il tramonto delle civiltà ellenica e romana, fu riscoperto nel 1526 dagli Spagnoli di Carlo V. Gli scavi e i lavori di restauro, cominciati nel 1804 e spesso interrotti per decenni, sono stati completati nel 1954.
Il Teatro così come appare oggi, ha un diametro di 138 metri (il più grande della Sicilia e uno dei più grandi del mondo) e un dislivello di appena 19 metri tra l’orchestra e il gradino più alto. La cavea aveva in origine 59 ordini di sedili divisi da otto scalette; solo i gradini più alti erano formati con blocchi di riporto, mentre tutti i gradini inferiori erano scavati nella roccia. Lo spazio semicircolare riservato all’orchestra era di 21 metri. Prima della scena si trovavano le scale Carontee, passaggi utilizzati per apparizioni suggestive e, nella parte superiore si trova la grotta del Ninfeo, dentro cui passa il fiume Anapo e presuribilmente sede degli attori.

Itinerari di Ortigia

Ortigia ha una storia millenaria. Ovunque in essa, in ogni strada come nei tanti  monumenti, si possono cogliere le testimonianze del suo passato. Ortigia, come pochissimi altri centri storici nel mondo, mostra, senza soluzioni di continuità, tutte le epoche che ha attraversato, dalla fondazione ai giorni nostri. I Greci, i Romani, i Bizantini, gli Arabi, i Normanni, gli Svevi, gli Aragonesi, i Catalani, i Vicerè, i Savoia  hanno impresso sull’ isoletta orme inconfondibili, hanno scritto le pagine indelebili di questo immenso libro di storia dell’arte che attende solo di essere letto con attenzione.
Al visitatore attento Ortigia mostra i suoi innumerevoli monumenti che ne fanno un gioiello di grande rarità.

La Cattedrale

Prospetta sulla piazza Duomo, circondata da eleganti palazzi barocchi. La cattedrale è il risultato delle successive trasformazioni subite dal grandioso tempio di Athena, opera voluta probabilmente dai Diomenidi, la stirpe fondata da Gelone, primo tiranno aretuseo. Era periptero esastilo, con 36 colonne alte quasi nove metri e dal diametro di due. La sua magnificenza fu celebrata da Cicerone.  Per averne un’idea, basti pensare che le sue porte erano d’oro e avorio, mentre sulla sua cima risplendeva lo scudo d’oro di Athena, a guida dei naviganti. Intorno al VII secolo gli intercolumni furono chiusi e il tempio trasformato in chiesa cristiana, più tardi proclamata cattedrale. La facciata, che risale al XVIII secolo, si presenta imponente e ricca di movimento, ornata di statue e colonne corinzie. L’interno è a tre navate. Numerose le opere d’arte conservate, fra le quali citiamo la tavola a fondo oro raffigurante San Cosimo, attribuita ad Antonello da Messina nella Cappella del Crocifisso; la statua, gaginesca, della Madonna della Neve sull’altare dell’abside sinistra, l’unica originaria della chiesa bizantina; il fastoso altare maggiore barocco la cui mensa è costituita da un blocco monolitico della trabeazione del tempio di Athena.

La Fontana Aretusa

Nell’Isola di Ortigia c’è un luogo in cui mito e realtà si incontrano: la Fonte Aretusa.
Situata nella parte più antica della città di Siracusa e immersa nel verde dei papiri, questa sorgente d’acqua dolce giunge per via sotterranea sino all’Isola per poi sgorgare a qualche metro dal mare, creando un piccolo laghetto semicircolare gremito di anatre e pesci.
Secondo la mitologia, Aretusa era una delle ninfe al seguito di Diana.
Durante una battuta di caccia, la fanciulla si allontanò troppo dal gruppo e arrivò sola davanti alle sponde del fiume Alfeo, le cui acque erano così limpide che si poteva scorgere la ghiaia sul fondo. Era una giornata molto calda e le venne il desiderio di fare un bagno. Aretusa, certa di non essere vista, si tolse le candide vesti immergendosi con un portamento sinuoso e pieno di grazia. L’acqua cominciò improvvisamente ad agitarsi e, proprio mentre tentava di raggiungere la riva, le apparve il fiume Alfeo. Quest’ultimo si mostrò a lei con sembianze umane: bello, biondo e con gli occhi colmi d’amore. Ma Aretusa non ricambiava il suo sentimento, anzi lo rifuggiva. Turbata e impaurita si affrettò a uscire senza abiti addosso, fino a quando le mancarono le forze e invocò l’aiuto di Diana.
Per proteggerla, la Dea dapprima la avvolse in una spessa nube e poi la trasformò in una fonte sul lido di Ortigia. Alfeo però non si rassegnava. Gli Dei ne ebbero pietà: Giove lo tramutò nuovamente in fiume, così da rimanere accanto alla sua dolce amata.
Per tradizione locale, la Fonte Aretusa viene chiamata anche “a funtana re papiri”.
Al di là della leggenda, si tratta di un posto magico in cui poter passeggiare o godere di un favoloso tramonto, e rappresenta una meta turistica obbligatoria nella provincia di Siracusa.

Castello Maniace

Incorporato oggi ad una caserma, si eleva imponente sul lungomare di Ortigia. Fu edificato per volere di Federico Il intorno al 1239. Il castello, che unisce l’architettura militare all’eleganza di una corte, conserva ancora la struttura esterna duecentesca a pianta quadrata con massicce torri angolari. L’ingresso è ornato di un magnifico portale marmoreo di stile gotico.

Tempio di Apollo e di Artemide

Le rovine di questo tempio si trovano sul largo XXV Luglio ad Ortigia. Risale alla fine del VII secolo e dunque è il più antico dei grandi templi greci in Sicilia. Nel corso dei secoli fu trasformato successivamente in chiesa bizantina, moschea, basilica cristiana e di tutte queste successive costruzioni si sono rinvenute tracce nel corso della campagna di scavi svoltasi fra il 1938 ed il 1943. Il tempio era dorico e presenta alcune particolarità dovute  all’arcaismo.

Castello Eurialo

Castello Eurialo
Clemensfranz, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons

Si tratta di una grande fortezza di 15.000 mq di superficie, alla congiunzione delle mura a nord e a sud di Siracusa, in un luogo rialzato, da dove si poteva osservare facilmente buona parte del territorio e del mare intorno alla città. Fu più volte rifatto nei secoli successivi per adattarlo a nuove esigenze e tecniche militari. Il grande fortilizio, il cui nome deriva da “Eurvelos”, cioè “chiodo dalla larga base”, era protetto a Ovest da tre grandi fossati, il terzo dei quali si collegava all’intero sistema difensivo, costituito da un intricato dedalo di gallerie e passaggi per uno sviluppo complessivo di 480 metri, e da cinque torri alte ben 15 metri.

Le Latomi

Le Latomie sono le cave dalle quali furono tratti i materiali per l’ampliamento urbanistico di Siracusa. La più suggestiva è la Latomia del Paradiso, immersa in un lussureggiante giardino.

 

In essa si apre il cosiddetto “Orecchio di Dionisio“, una grande grotta artificiale in cui si verifica uno straordinario effetto acustico di amplificazione. Si racconta che il tiranno da cui la grotta prende il nome, appostato presso una fessura in cima alla caverna, ascoltasse ogni parola, anche sussurrata, dei prigionieri in essa rinchiusi.

 

Poco lontano si trova la “Grotta dei Cordari“, così chiamata perché vi lavoravano appunto dei cordai. Più oltre, infine, le più piccole latomie dell’lntagliatella e S.Venera. Nelle latomie, a scontare spaventosi lavori forzati, furono gettati i 7.000 superstiti dell’enorme esercito ateniese sconfitto da quello siracusano nel 413 a.C. Si narra che alcuni venissero liberati solo perché sapevano recitare a memoria i versi di Euripide, ma i più perirono miseramente.

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